Caltanissetta, città siciliana famosa nel mondo per la processione del “Giovedì Santo”, dove giungono una moltitudine di turisti italiani e stranieri per vederla. I gruppi statuari sono sedici a grandezza naturale che raffigurano la Passione e Morte di Cristo, con al seguito le bande musicali, che suonano diverse marce funebri (tra le quali la nota del M. Luigi Cornia) che, con le loro musiche, concorrono a dare alla processione misticismo e commovente religiosità. C’è una grande eccitazione in tutta la città che prende parte ai riti della Pasqua, specie alla processione detta: le “Vare grandi”, che parte dal gruppo dell’Ultima Cena con i dodici apostoli, fino a giungere all’Addolorata, che esprime tutto il dolore della Madonna per il figlio morto.
Il pittore Francesco Guadagnuolo testimonia con un suo eccezionale lavoro grafico-pittorico questo evento, sul “Giovedì Santo” a Caltanissetta e scrive così: «Nel 1976 decisi di realizzare una serie di opere ispirate alla Processione del Giovedì Santo. Seguendo tutti i riti della settimana, ho cercato di far vedere le parti meno in evidenza, ritraendo oltre i gruppi o particolari di essi, i siciliani con le loro gesta, i volti scavati, le anziane signore che venivano a toccare i gruppi in segno di fede ed emozione. É una rievocazione accorata al seguito, cui si commuove tutta la città. La fede in questa circostanza è di straordinaria compartecipazione, unita di tristezza e pietà, questa fede non vissuta in maniera intimistica, ma è avvertita come forma collettiva, i nisseni si fanno trascinare in questo rito popolare in cui la gente diviene protagonista, quasi attore, in questo grande palcoscenico liturgico».
Segue il testo del critico e storico Antonio Picariello che bene rileva le composizioni dei vari gruppi statuari nelle opere di Guadagnuolo.
La passione ritrovata
«Un artista visivo è dotato di “capacità rivelatorie” del senso archetipo contenuto nei riti. Il senso di solito, nella semiologia, è dato da una convenzione comunicativa patteggiata tra riceventi ed emittenze e sulla buona capacità di saper codificare segni che attribuiscono significazione agli atti interpretativi. Significati e significanti si rapportano in qualità indivisibile come maschile femminile germinanti senso a suo volta catturato dalla percezione di chi li accoglie. L’artista ha capacità di poter estrarre dal significato comune lo spirito del segno che a sua volta genera significanti; nuove immagini mentali, nuove passioni per l’ascoltatore, rinvigorite qualità del presente che conducono una sorta di memoria proustiana che si rimette nelle correnti canoniche degli atti rituali collettivi e li ripropone sotto una diversa luce caricata di partecipazione all’amore per l’umanità. Francesco Guadagnuolo questo senso lo ha avvertito dalla nascita. Lo ha catturato dai primi vibrazionali segni della sua formazione sensibile e li ha offerti al luogo da artista giovane, da vent’enne che sente il bisogno passionale di interpretare il suo mondo nativo e farne omaggio alla collettività. Lui stesso dice: Tutta la mia infanzia e adolescenza passate nella mia Città Caltanissetta sono pervase dal ricordo della Settimana Santa, specie la Processione del giovedì chiamata “Le Vare Grandi’. I miei ricordi del Giovedì Santo sono caratterizzati dalle prime ore della mattina, quando mi recavo al Centro storico per sentire le Bande che arrivavano dai Paesi circostanti per suonare dietro ogni gruppo scultoreo detto “Le Vare”- É chiaro che il tempo in cui il millennio si triplica e il centenario si anticipa, sia tempo di grandi trasformazioni e di cambiamenti in cui le forze del bene concorrono a dare senso iniziatico al mondo delle nuove tecnologie, dei nuovi linguaggi, delle nuove visioni che il rito mantiene silente e segreto nei corridoi soggettivi nell’anima. Così cambiano le modalità richieste dalle trasformazioni che in arte diventano oltrepasso al messaggio linguistico e stipulano l’apprensione per la forza dell’amore che il rito evoca alle comunità che lo attivano. Qui Guadagnuolo riprendendo una creatività così fortemente sentita negli anni giovanili ripropone la maturità visiva di un artista che facendosi conoscere ecumenicamente ha riconosciuto se stesso; la sua terra, l’archetipo sostanziale che si porta nell’anima segreta come dominio universale che ha attraversato successi americani, europei, asiatici mondiali e adesso ritorna fedele al luogo di partenza carico di quella forza magica, ieratica che l’arte, che Francesco Guadagnuolo fa, con devozione di senso, rivivere e partecipare nella sua nativa riconoscente magnifica Sicilia». (Antonio Picariello)
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